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23 agosto 2007 👀

Addio ad Alfredo Giuliani, sperimentatore del Gruppo 63 - di Edoardo Sanguineti, da Liberazione del 21-8-2007

Con Alfredo Giuliani scompare colui che ha legato il suo nome, prima di tutto, all'esperienza dei Novissimi , con i quali si inaugurò ufficialmente, nel 1961, l'avventura nella nuova avanguardia, in Italia. Alfredo era il più anziano di noi, e la responsabilità di quell'antologia davvero epocale se l'era guadagnata sul campo, con la sua attività di recensore delle novità poetiche sulle pagine del Verri di Anceschi.

La scelta dei cinque poeti fu piuttosto travagliata. Ma tutto nasceva, in quegli anni altrettanto travagliati, da una volontà precisa di contestazione e da quel desiderio di una scrittura realmente inedita e, per la calcolata ambiguità dell'insegna stessa, estrema e, infine, e per molti riguardi, chiaramente apocalittica. Bene o male, piaccia o non piaccia, siamo stati poi in effetti, nel profondo, gli ultimi: gli ultimi a sentire, per dirla con le parole stesse di Alfredo, che una scrittura alternativa importa l'impegno di un accrescimento di vitalità e la coscienza dello "schizomorfismo" in cui quella vitalità si articoli e si strutturi. E questo perché, parafrasando un motto celebre allora, e celebre oggi, «schizomorfo era ed è il mondo».

Ma con Alfredo non ci abbandona soltanto colui che ha gestito quell'esperienza, dalla quale si è generato l'ultimo Gruppo storicamente innovativo. Scompare, con un amico difficile come di amici che davvero importano, il poeta e il saggista, il professore e il traduttore, il collaboratore e il complice di pittori, di teatranti, di musicisti, di tutta quella cultura inquieta che ha reso leggendari e quasi favolosi quegli anni anche, e forse soprattutto, per chi li ha poi combattuti e respinti più duramente.

Sei stato invidiato dai tuoi nemici, e invidiabile rimani e rimarrai, qualunque futuro si stia fabbricando per tutti gli uomini, in questo trionfo supremo del mercato delle coscienze, in questo catastrofico impero della violenza globalizzata.

Di seguito un frammento dell'intervento di Giuliani al primo incontro del Gruppo 63, 3-8 ottobre 1963 a Solanto (Palermo), sulla letteratura d'avanguardia.


Alfredo Giuliani

[...] "Questo tipo di letteratura – io inclino a credere – non è un filone esoterico rispetto alla letteratura comune; è soltanto una colorazione che da circa cento anni a questa parte riconosciamo in tutta o quasi tutta la buona letteratura. In altri termini: una nuova tradizione, quella istituita dalle opere d’avanguardia, ha finito col modificare il nostro concetto di letteratura. D’altra parte, aggiungo per evitare equivoci, sono convinto che il termine “avanguardia” suona oggi alquanto logoro e a me sembra superato soprattutto quando penso che è un termine tratto dall’armamentario bakuniniano. Ma la distinzione, a cui accennavo più sopra, resta. Diciamo allora se vogliamo , che una cosa è la letteratura d’intrattenimento, altra cosa la letteratura di ricerca e di conoscenza ( e con questi termini non intendo pregiudicare i modi della ricerca e della conoscenza).

Per dirlo in maniera molto sintetica, penso che la letteratura d’avanguardia sia caratterizzata dall’esibire la propria struttura arbitraria e maniaca quale forma eteronoma rispetto alla percezione del mondo, alla concezione del mondo: mostrando immediatamente i tralicci e sapendo di essere letteratura, essa rimanda all’apparenza reale in una maniera diversa dalla letteratura comune, che è sempre un tipo di letteratura mimetico, o esplicativo, o semplicemente razionale nel senso illuministico o naturalistico della parola. In un certo senso potremmo definire la nozione in modo allegorico, dicendo che si ha letteratura d’avanguardia là dove la delucidazione del linguaggio si presenta come enigma e interrogazione oltre la mistificazione dei falsi enigmi, cioè senza prendere per buona fino in fondo né l’apparenza reale né la letteratura in quanto tale. Di qui il suo grande margine di rischio, le sue buffonate e anche la sua “sublimità”.

C’è un’altra considerazione da fare, riguardo alla dimensione apocalittica. Il rifiuto a prendere per buono il mondo della percezione è qui caratteristico. Dicendolo con le parole di Adorno: il momento formale, il momento della struttura, è cresciuto smisuratamente di importanza essendo la mera credibilità empirica degradata a servizio giornalistico sull’epidermide del reale. Questo sarebbe anche un motivo persistente per tenere la letteratura d’avanguardia come barra di direzione nel grande mare dei giudizi. Se il normale, ciò che è direttamente comunicabile, è divenuto non realistico allora è chiaro che entra in gioco una nuova idea, per esempio, dei rapporti tra immaginazione e percezione: questo è un punto secondo me molto importante, e l’idea mi è stata confermata da un uomo come Gunther Anders quando nel suo diario di Hiroshima scopre che obbiettivamente il mondo della percezione non è più realistico, quando scopre (con i mezzi dell’informazione scientifica e dell’intuizione discorsiva) che soltanto l’immaginazione riesce ormai a fungere da organo della verità. Ma questo noi l’avevamo imparato, se non da altri, da Kafka e da Proust.

Si crede ancora che l’immaginazione sia un privilegio degli adolescenti e degli ossessi, e ancora si confonde volentieri l’immaginazione con lo straordinario. In verità, con il termine “avanguardia” non vogliamo designare, è ovvio, modi e procedimenti stravaganti, ma piuttosto l’accorgimento dell’ostacolo contro il quale lo scrittore si muove in avanti nuotando nel proprio elemento. Nel movimento del nuotatore c’è un tanto di utopia che le immaginazioni terra-terra non potranno mai capire. Forse è definendo nuovamente i domini dell’immaginazione che riusciremo a liquidare la nozione storica di “avanguardia” e a chiarire quello che più ci interessa: il realismo dell’invenzione. Non è forse già abbastanza chiaro che noi prendiamo sul serio il realismo quando è “avanguardia” e l’avanguardia quando ci dà una scossa di oggettività?


















Tratto da: NANNI BALESTRINI-ALFREDO GIULIANI (a cura di), Gruppo 63. La nuova letteratura. 34 scrittori. Palermo ottobre 1963, Milano, Feltrinelli, 1964, pp. 374-376.

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