battuta dalla luna 🍃

1806-1807: torna a Milano e a Brescia; scrive e pubblica i Sepolcri, che gli procurano la cattedra di eloquenza a Pavia.

1809-1813: tiene (22 gennaio 1809) la sua prolusione su l'origine e l'ufficio della letteratura, all' università pavese; nello stesso anno la cattedra viene abolita; si stabilisce a Milano, si ingolfa in altri amori, si pro cura antipatie ed odii, perde l'amicizia del Monti. Creduta allusiva a Napoleone la tragedia Aiace, rappresentata alla Scala (dicembre 1811), lascia Milano per Firenze, dove torna agli amori e agli studi, atten dendo anche al poema de Le Grazie, concepito fin dal 1808 e rimasto incompiuto. A Bologna (settembre 1813) è rappresentata l'altra sua tragedia, la Ricciarda. Dopo Lipsia torna a Milano, riprende le armi, e gli vien dato il grado di comandante di battaglione. 1814-1816: rientrano gli Austriaci a Milano (1814), tentano

ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS - 71 in atto di uscire, e col capo rivolto verso casa ch'era battuta dalla luna.

ore 9.

Perdonami, Teresa: io ho funestato la tua giovinezza, e la quiete della tua casa: ma fuggirò. Né io mi credeva dotato di tanta costanza. Posso lasciarti, e non morir di dolore; e non è poco: usiamo dunque di questo momento finché il cuore mi regge, e la ragione non mi abbandona affatto. Pur la mia mente è se polta nel solo pensiero di amarti sempre, e di piangerti. Ma sarà obbligo mio di non scriverti, né di mai più rivederti se non se quando sarò certissimo di lasciarti quieta davvero e per sempre. Oggi t'ho cercato invano per dirti addio. Abbiti almeno, o Te resa, queste ultime righe ch' io bagno, tu 'l vedi, d'amarissime lagrime. Mandami in qualunque tempo, in qualunque luogo il tuo ritratto. Se l'amicizia, se l'amore o la compassione e la gratitudine ti parlano ancora per questo sconsolato, non negarmi il ristoro che addolcirà tutti i miei patimenti. Tuo padre stesso me lo concederà, spero egli, egli che potrà vederti, ed udirti, e sentirsi riconfortato da te; mentr'io nelle ore fantastiche del mio dolore e delle mie passioni, noiato di tutto il mondo, diffidente di tutti, camminando sopra la terra come di locanda in locanda, e drizzando volontariamente i miei passi verso la sepoltura perché ho veramente necessità di riposo io mi conforterò intanto baciando di e notte l'immagine tua; e così tu m' infonderai da lontano costanza da sopportare questa mia vita, e finché avrò forze, io la sopporterò per te, e te lo giuro. E tu prega prega, o Teresa, dalle viscere del tuo cuore purissimo il cielo, non che mi perdoni i dolori, che forse avrò meritati, e che forse sono inerenti alla tempra dell'anima mia, bensì che non mi levi le poche facoltà che ancora mi avanzano, da tollerarli. Con l'immagine tua farò meno angosciose le mie notti, e meno tristi i miei giorni solitari, que' giorni ch' io dovrò pur vivere senza di te. Morendo, io volgerò a te gli ultimi sguardi, io ti raccomanderò il mio sospiro; verserò sovra di te l'anima mia, ti porterò meco nella mia sepoltura attaccata al mio petto e se è pure prescritto ch' io chiuda gli occhi in terra straniera, e dove nessun cuore mi piangerà, io ti chiamerò tacitamente al mio capezzale, e mi parrà di vederti in quell'aspetto, in quel l'atto, con quella stessa pietà che io ti vedeva, quando una volta, assai prima che tu sapessi d'amarmi, assai prima che tu t'accorgessi dell'amor mio ed io era ancora innocente verso di te mi assistevi nella mia malattia. Di te non ho se non l'unica lettera che mi scrivesti quando io era in Padova: felice tempo! ma chi l'avrebbe mai detto? Allora parevami che tu mi raccomandassi di ritornare: - ed ora io scrivo ed eseguirò _ 👀



 





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