hi-tech
semiconduttori verso la Cina. Per contenerne l'ascesa, Guerra Fredda 2.0. L'obiettivo è bloccare il trasferimento di tecnologia lì dove il ritardo della Cina, cioè la sua dipendenza dall'esterno, resta massima.
Partendo da monte, nella lunga catena industriale del silicio: i software per il design dei microprocessori più avanzati, dominati dalle aziende americane Synopsis e Cadence; i grandi e costosissimi macchinari per stampare i circuiti più piccoli, sotto i 14 nanometri; le relative componenti.
Tut te le aziende, anche non americane, che vorranno vendere a Pechino prodotti che contengono tecnologia made in Usa, lo potranno fare solo dopo autorizzazione di Washington, che partirà da una presunzione di diniego. Non solo: un'autorizzazione la dovranno chiedere pure i professionisti con passaporto americano che desiderano lavorare con aziende cinesi. Morale: la Cina diventa intoccabile, o toccabile a proprio ri schio e pericolo.
A questo boicottaggio per tenere indietro Pechino, gli Stati Uniti aggiungono pure un pacchetto per scattare più avanti nell'innovazione: il Chips Act stanzia 39 miliardi di sussidi per la produzione di chip sul territorio americano e ll miliardi per la ricerca.
Smaltita la sbornia del XX Congresso del Partito, che lo consacrerà grande timoniere dell'ascesa cinese, Xi Jinping dovrà fare i conti con questo tentivo di strangolamento. E con una domanda scomodissima: il sogno di autosufficienza tecnologica cinese, lui dice "autarchia", è realizzabile? Anche guardando ai risultati degli ultimi anni, mol ti esperti rispondono no. La Cina si data l'obiettivo di coprire con la produ zione nazionale il 70% del fabbisogno, oggi resta sotto il 20%. E per quanto ri guarda i microprocessori più avanzati, la distanza con i leader globali si è ridot ta, ma resta notevole. Smic, la più gran de tra le società di Stato, ha appena av viato la produzione dei chip a 14 nano metri, quando le "fonderie" taiwanesi più progredite - con macchinari ameri cani o olandesi - stanno sperimentan do i 3 nanometri. La Cina resta in tutto e per tutto dipendente.
Il regime sta investendo decine di mi liardi, mobilitando nella battaglia l'in dustria statali e campioni privati. Senza dubbio rilancerà. Il problema è che i mi liardi sono una condizione necessaria, ma non sufficiente, per prodotti in cui si sedimentano decenni di proprietà intellettuale. Primo problema: buona par te delle risorse viene allocata dai gover ni locali, che raramente hanno le com petenze per indirizzarle verso le ricer che e i produttori più promettenti. Ne scaturiscono grandi bolle e spettacola ri fallimenti. Mentre la stretta di regime sui colossi privati del digitale rischia di peggiorare questa dinamica. Altro pro blema: sebbene la Cina produca nume ri record di laureati in tecnologia, il li vello generale di ricerca e risorse uma ne restano bassi. E senza più contatti con i grandi operatori internazionali, al zare il livello delle competenze divente rà ancora più difficile. Con grande pro babilità allora la Cina lancerà delle ritor sioni, magari sull'export di terre rare. Senza dubbio moltiplicherà gli sforzi, ben documentati, per sottrarre proprie tà intellettuale. Ma il cuore del proble ma, sostituire le tecnologie a cui perderà accesso, non ha soluzioni in vista. Certo, l'efficacia del contenimento
americano dipenderà dalla capacità di far rispettare i divieti alle proprie aziende, per nulla contente di veder sfumare i miliardi del mercato cinese. E soprattutto agli altri grandi produttori glob li, in particolare di Giappone, Corea del Sud e Taiwan. Sono Paesi alleati, ma per cui i rapporti commerciali con Pe chino sono decisivi. Il nuovo nazionali smo americano dei chip, che pretende di riportare la produzione in patria e dettare al mondo i limiti dei rapporti commerciali, li ha contrariati, come di mostra la freddissima ricezione del Chip 4, l'alleanza hi-tech proposta da Bi den. Non è un caso che Washington ab bia subito concesso alla coreana Sam sung e alla taiwanese Tsmc l'autorizza zione a onorare i contratti di fornitura con la Cina, per chip meno avanzati a uso civile: l'America dovrà garantire agli alleati che non perderanno tutta la torta cinese, e mostrare loro che nella nuova torta americana non ci saranno fette anche per loro. Se così non fosse, i colossi asiatici potrebbero addirittura essere spinti a sviluppare prodotti alter nativi "per la Cina", senza tecnologia Usa, finendo per sostenere gli sforzi di avanzamento del regime comunista.
Più in generale, gli effetti collaterali dell'escalation americana sull'industria globale dei chip non sono facili da prevedere. Anche considerato che il po tentissimo armamentario creato da Bi den potrebbe finire presto nelle mani di un'altra amministrazione, ancora più ostile verso Pechino e meno misura ta nella distinzione tra prodotti civili e militari., tra tecnologie strategiche e non. Siamo di fronte a «uno tsunami in cui ci saranno molti perdenti - com menta Paul Triolo, uno degli osservato ri più attenti della guerra hi-tech - che come minimo rallenterà l'innovazione sia in Cina che negli Stati Uniti, e che po trebbe costare a consumatori e società miliardi di dollari». Alla guerra come al la guerra. E la guerra è appena iniziata. DRIPRODUZIONE RISERVATA
□ alla guerra come alla guerra
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