Duchamp o la democrazia assoluta
«Se l'arte è ovunque, allora cessa di esistere. La cultura è la forma globalizzata dell'arte e di molte altre cose. La morte del l'arte è un paradosso: l'arte muore per eccesso di arte. Il taglio è rappresentato da Duchamp che ha messo in campo la democrazia assoluta, la promiscuità totale fra l'oggetto e il museo, per cui qualsiasi cosa può entrare nel museo. Non ci sono più posizioni singolari, ognuno crea le sue regole del gioco. Tutti possono produrre, non ci sono più segreti, tutti possono affermare qualcosa e hanno il diritto di farlo. Dal punto di vista dell'artista, il tema centrale diventa il fatto che sta dipingendo, non più l'oggetto reale.
«Tutti diventano creatori, c'è una mobilitazione generale chę porta al paradosso per cui non c'è più un destinatario, tutti so no trasmettitori. Ognuno crea la propria espressione e non ha più il tempo di ascoltare gli altri. E' una forma eccessiva in cui l'arte scompare per eccesso, non per mancanza, creando un cortocircuito al senso stesso. La conseguenza per il consumato re è che dal momento che l'arti sta dipinge per il fatto che di pinge, lo spettatore va a vedere il fatto di andare a vedere, e quindi consuma la sua stessa cultura al secondo grado. Così l'uomo non si coltiva ma si ac cultura, e si autoconsuma».
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